Richard Long
1967
ARTE
Nel 1967 Richard Long, allora ventiduenne e studente alla Saint Martin's School of Art di Londra, camminò avanti e indietro lungo una linea retta nell'erba della campagna inglese, lasciando una traccia che poi fotografò in bianco e nero. L'opera che ne risultò, ALine Made by Walking, non fu solo il punto di partenza della carriera artistica di Long, ma anche un punto di riferimento per un nuovo tipo di arte che stava emergendo in Europa e nelle Americhe. La semplicità formale dell'opera di Long suggerisce una relazione con il minimalismo, ma la sua collocazione al di fuori del contesto della galleria e il suo suggerimento di azioni corporee la collegano anche a una nuova generazione di artisti il cui lavoro combina l'organico, il temporaneo, il non materiale e il performativo per offrire una critica all'artsystem e al suo linguaggio, alle sue forme e ai suoi valori.
Predilige operare in luoghi incontaminati, come l’Himalaya, la campagna inglese, gli altipiani della Bolivia, per testimoniare la separazione attuale tra natura e cultura ed il suo desiderio di recuperare un contatto diretto e intimistico con l’ambiente, scevro da mediazioni artificiali. Negli anni Settanta, amplia la sua ricerca espressiva con lo sviluppo di grandi sculture fondate su segni primitivi, come il cerchio e le spirali, composte utilizzando materiali raccolti durante le sue passeggiate. Come esponente della Land Art, Long si differenzia dagli altri artisti per il suo legame con gli elementi tipici della terra inglese, come la campagna e la pietra ardesia di Cornovaglia.
Dai Landartist americani egli si discosta per il carattere effimero delle sue opere, che spesso sono segni impercettibili lasciati in territori desertici, in balia degli agenti atmosferici e del trascorrere del tempo. La corrente americana è invece indirizzata verso progetti su grande scala, che lasciano una traccia permanente sul territorio.
Quello di Long è piuttosto un silenzioso dialogo con la terra, un inno alla sua forza e alla sua potenza. Nella sua opera c’è un forte carattere mistico e spirituale, dato dalle figure archetipiche dei suoi lavori, che ricordano le prime forme primitive di arte.
Ricorre spesso alla forma del cerchio, che è simbolo di continuità e ciclicità. È la rappresentazione del tempo, tema centrale nell’opera di Long, che scorre in natura lento e inesorabile.
E al tempo è infatti legato anche il cerchio magico più famoso al mondo, Stonehenge, monumento megalitico in Inghilterra, risalente al 3100 avanti Cristo, il cui asse è diretto verso la posizione del sole nel solstizio d’estate. È un’opera carica di emozione, per la sua funzionalità ancora in parte misteriosa e perché ci fa interrogare sul mistero della vita: da dove veniamo e dove andiamo. I cerchi di pietre di Long beneficiano senza dubbio di quest’immagine di mistero, che fa parte della cultura visiva dell’umanità da diversi secoli.
L’artista si interroga sulla relazione tra l’uomo e l’ambiente, tra l’arte e la natura, che domina incontrastata tutti i suoi lavori. Infatti, a differenza della Land Art americana, nelle opere di Long la natura sembra sempre prendere il sopravvento e la scultura dell’artista rimane solo una traccia, un granello in un mondo tanto più vasto. Proprio per questa solitudine espressa nelle sue opere e per questa natura dominante, l’arte di Long è stata paragonata alla corrente del romanticismo inglese del XIX secolo, ed in modo particolare ai paesaggi di William Turner.
Per documentare la sua opera, che è nella sua essenza caduca, l’artista si serve di diversi sistemi: ha utilizzato la fotografia, ma anche i video, le mappe e i testi scritti. Talvolta ha inoltre trasportato elementi naturali, trovati durante le sue passeggiate, all’interno delle stesse gallerie, dando vita a sculture di pietre e pitture di fango. Nelle sue foto, Long porta testimonianza dell’esplorazione di luoghi deserti, dove la Natura incontaminata mostra la sua potente libertà e autonomia, aprendosi a grandi prospettive e impervi orizzonti, attraversati e contemplati dall’artista con tensione romantica verso il Sublime. In solitudine, egli realizza circoli di pietre, labirinti di rocce sfaldate come cenni totemici, linee di sassi come sentieri: può fare una marcia in cerchio o fare un cerchio di massi, di fango o di parole. Sembra inviare costantemente messaggi simbolici, compiere un rituale sacro di devozione alla Natura.
Per il fatto di utilizzare esclusivamente materiali naturali, e tendenzialmente trovati in sito, e per l’impatto irrisorio che le sue opere hanno sul territorio, alcuni hanno definito l’arte di Long come “ecologica”. Senza dubbio l’artista ha un atteggiamento di forte rispetto verso l’ambiente, non privo di connotati politici e sociali. C’è infatti chi ha letto la sua opera come una forma di contestazione verso la società moderna, che ha allontanato sempre più l’idea di cultura da quella di natura. Ciò che però ci ricordano i semplici cerchi in pietra di Long, così come la stessa Stonehenge, è che, anche se siamo sempre più “civilizzati” e sempre meno in contatto con la natura, il mistero della vita rimane intatto: oggi come ieri l’uomo si interroga sulla sua provenienza e sul suo destino.
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